IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Con ricorso depositato il 5 luglio 1990 Gaboardi Alberto ha presentato opposizione contro le ordinanze nn. 15459 e 15460 del 4 giugno 1990, notificate il 6 giugno 1990 del presidente della giunta provinciale di Parma. Convocate le parti, l'amministrazione provinciale di Parma non si e' costituita. Ritiene il pretore che debba essere sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 61, primo comma lett. d), della legge regionale Emilia-Romagna 15 maggio 1987, n. 20, in relazione all'art. 117 della Costituzione. Il 24 gennaio 1988 ed il 3 aprile 1988 vennero contestate a Gaboardi Alberto due violazioni dell'art. 31, lett. c), della legge 27 dicembre 1977, n. 968, per avere lasciato vagare un cane, e per avere addestrato un cane nella zona di ripopolamento denominata zona Taro. A seguito di tali verbali sono state emesse le ordinanze- ingiunzioni impugnate. Esse sono state pronunciate in base alla lett. d) primo comma della legge regionale n. 20/1987, che vieta l'addestramento dei cani in ambiti protetti. Seppure il verbale 24 gennaio 1988 contesta di avere lasciato un cane "libero di vagare", nella lettera 23 febbraio 1988 di invito al pagamento in misura ridotta, si fa espresso riferimento all'art. 61, lett. d), della legge regionale n. 20/1987. La legge regionale, agli artt. 4, 5, 8, 10 e 11 individua vari tipi di zone per la protezione e l'incremento della fauna selvatica come "ambiti protetti"; all'art. 18 prevede zone nelle quali e' permesso l'addestramento e l'allenamento dei cani, da ferma e da seguito, previa autorizzazione. L'art. 61, alla lett. d), del primo comma, dispone che venga punito ai sensi della lett. c), dell'art. 31, della legge statale 27 dicembre 1977 n. 968 (sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 500.000 "l'addestramento dei cani in ambiti protetti" mentre alla lettera f), del sesto comma dispone che venga punito ai sensi della lett. n), della legge statale 968/1977 (sanzione amministrativa da L. 5.000 a L. 50.000) l'addestramento dei cani senza autorizzazione o nei periodi non consentiti, evidentemente nelle sole zone sulle quali l'addestramento potrebbe essere autorizzato. Poiche' la lett. c), dell'art. 31 della legge dello Stato punisce solo l'esercizio della caccia in periodi non consentiti o in zone in cui sussiste il divieto, sorge il dubbio che la legge regionale, nel prevedere che venga punito con questa sanzione anche "l'addestramento dei cani in ambiti protetti", abbia violato l'art. 117 della Costituzione secondo il quale il potere legislativo delle regioni deve essere esercitato "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato". Non pare, infatti, che "l'addestramento del cane" possa possa essere equiparato all'esercizio della caccia ex art. 8 della legge 968/1977; il cane, infatti, non e' considerato mezzo di caccia ai sensi dell'art. 9, che prevede solo il fucile, l'arco ed il falco. Anche il precedente t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, all'art. 7, assieme al falco ed al furetto, considerava mezzo di caccia solo il cane levriero e non invece quello da ferma o da seguito e l'addestramento del cane, senza il rispetto delle regole previste dagli artt. 27, 33 e 75 era punito (art. 73 ultimo comma) con sanzione sensibilmente inferiore a quella prevista per l'esercizio della caccia in periodi non consentiti o in zone in cui sussiste il divieto. Del resto la stessa legge regionale mostra di non considerare l'addestramento del cane come esercizio di caccia dal momento che, se esso avviene in periodi non consentiti, sia pure in zone in cui pre- via autorizzazione potrebbe avere luogo, ne prevede la punizione con la sanzione piu' modesta prevista dalla lett. n), dell'art. 31 della legge statale n. 968/1977 e non invece ai sensi delle lett. c), che prevede una piu' grave sanzione anche pe l'esercizio della caccia nei periodi non consentiti. La questione non e' manifestamente infondata e deve essere rimessa alla Corte costituzionale.